Whisky e cinema: a volte un buon Whisky può essere un giusto spunto per raccontare anche la vita
L’altra sera, mentre maneggiavo il whisky Johnnie Walker Black Label sono stato folgorato da un ricordo e la voglia di raccontarvi un piccolo spaccato di umanità è diventata impellente.
“La candela che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti, Roy.” Se siete amanti del cinema come me, ossessionati dalla fotografia e dalle citazioni, non potete non aver riconosciuto la frase in virgolettato con la quale vorrei introdurre il post di oggi dedicato al cinema e al buon bere.
Brancolate ancora nel buio? E se aggiungessi la frase “Non capivo perché un replicante collezionasse foto. Forse loro erano come Rachael: avevano bisogno di ricordi.”
Blade runner
Il mistero a questo punto va svelato e se non ci siete arrivati da soli vi aiuto io. Oggi parliamo di uno dei film di fantascienza più iconici, Blade runner, una vera ossessione per me al punto da averlo visto, credo, oltre un centinaio di volte. Uscito nel 1982, per la regia di Ridley Scott, fu catalogato dalla critica come film di fantascienza e thriller. La sceneggiatura di Hampton Fancher e David Webb Peoples si ispirò liberamente al romanzo “Do Androids Dream of Electric Sheep? (“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”) scritto nel 1968 da Philip K. Dick.
In un futuro cyberpunk, l’uomo ha sviluppato la tecnologia necessaria per creare i replicanti, ovvero cloni umani con una durata di vita prestabilita, utilizzati per prestare servizio nelle colonie al di fuori della Terra. Nella Los Angeles del 2019, Rick Deckard (interpretato da Harrinson Ford) è un Blade Runner, un poliziotto già in pensione costretto a rientrare in servizio per inseguire e porre fine alla vita di quattro replicanti fuggiti da una delle colonie terrestri.
Lo scenario è al quanto apocalittico, il buio e la pioggia hanno preso il posto del sole e dei cieli tersi che ci fanno compagnia durante il giorno. Enormi grattacieli si stagliano in questo ambiente surreale fatto di astronavi pubblicitarie che svolazzano qua e là. Suggestivo è il concetto di globalizzazione che ritrae la città degli angeli come un brulicante formicaio multi-culturale asiatico, che si snoda tra il sudiciume di strade dissestate e costruzioni fatiscenti, bancarelle di cibo ed una frenetica alienazione di individui che si muovono tra un semaforo e l’altro.
A capeggiare, a contrasto del piano strada fatiscente, ologrammi di belle geishe virtuali che pubblicizzano ogni sorta di prodotto. Più in alto di tutto e tutti si staglia la torre della Tyrell Corporation che con il suo potente faro squarcia il buio che circonda il film.
Johnnie Walker Black Label
Tra i mille dettagli della pellicola c’è sempre una bottiglia di Johnnie Walker Black Label. Come ci sarà nel sequel Blade runner 2049. Curioso vero? La sceneggiatura non seguì per certo lo scritto originale.
Nel libro il cacciatore di ”lavori in pelle” Deckard è un personaggio freddo ed insensibile, come del resto tutti gli umani nei confronti dei replicanti, e soprattutto non beve Black Label. Al contrario, nel film le scene nelle quali compare la bottiglia si moltiplicano, a partire da quando l’ispettore Bryant obbliga Deckard ad accettare l’incarico versando per sé e per il cacciatore di lavori in pelle un bicchiere generoso di black label. A seguire, l’agente Deckard mentre è attento a visionare delle polaroid al suo pc apre e sorseggia un buon bicchiere di etichetta nera. E mentre ingrandisce un particolare della polaroid in cerca della fuggitiva Zhora, androide programmato per il piacere, sullo sfondo appaiono una bottiglia ed un bicchiere di whisky. Bottiglia che accompagnerà l’agente/Harrison Ford anche in diversi altri momenti di relax in poltrona.
Passando al sequel Blade runner 2049, il whisky – oltre a meritare menzione nei titoli di coda – fa capolino in una scena nella quale il buon Dekard maneggia una bottiglia completamente ridisegnata. La partnership con il gruppo Diageo non si conclude di certo con la pellicola visto che il figlio del regista e Jake Scott della Ridley Scott Associates, autore di clip musicali, finiranno per registrare dei corti per promuovere Blue Label di Johnnie Walker.
Quella che, a tutti gli effetti, per me è una favola moderna, la più grande opera cyberpunk noire, racchiude in sé un messaggio più che mai attuale. Il tema del Dio-uomo che si sostituisce alle leggi naturali della vita, creando una società di reietti che vogliono somigliare al loro creatore. Ghettizzati, reclusi ai lavori più umili, il loro tempo è breve ed insignificante quanto la loro vita in una società fredda, buia e dispotica. Chi siamo davvero? Quanto tempo ci rimane da vivere? Un film che nasconde una storia d’amore tra un inconsapevole replicante Rachael ed il suo carnefice.
È possibile che la nostra sete di potere delirante ci porti verso un mondo alla rovescia, dove l’umanità ha perso i sentimenti e dove dei reietti cerchino di riconquistare la dignità?
Mi congedo con il dubbio di questa risposta, dandovi appuntamento ad un’altra piccola storia tra bere e civiltà.
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Il 4 Giugno del 1996 usciva Hit’Em Up
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